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Allenamento e corsa: principi generali

L’ALLENAMENTO

Qualche mese fa ho scritto una tesi sulle donne runners  per il mio diploma di consulente nutrizionale sportiva, in questo articolo vi riporto alcuni concetti generali sull’allenamento che sono validi per tutti, ma che spesso vengono sottovalutati da chi corre. Io stessa quando vado a correre penso solo alla corsa e a nient’altro, invece ci sono dei paletti che vanno rispettati per evitare gli infortuni e per miglioare la modalità del correre, infatti è inutile dire che si corre solo per stare in forma, ad un certo punto anche nella corsa ti servono degli obbiettivi da raggiungere pur se piccoli.

In riferimento alle donne e a quale tipologia di allenamento dovranno seguire durante la settimana è necessario per prima cosa pensare ad un allenamento intelligente con sessioni adeguate alle proprie capacità e ai propri obiettivi. Quello che qui sottolineo sono due aspetti tanto importanti quanto trascurati nell’ambito dell’allenamento in generale:

Riscaldamento e defaticamento

Il “warm up” (attivazione prima dell’allenamento) consente all’organismo di prepararsi ad affrontare meglio gli stimoli contenuti nella sessione di allenamento ed il “cool down” (defaticamento) che aiuta l’organismo a tornare ai parametri fisiologici di base, con riduzione progressiva della temperatura corporea e della frequenza cardiaca. Un buon “warm up” è in grado di prevenire gli infortuni, in questo periodo, infatti, si verificano variazioni fisiologiche come: aumento della temperatura corporea, migliore funzionalità muscolare, aumento graduale della frequenza cardiaca, aumento della circolazione sanguigna, attivazione nervosa e cognitiva. La durata sarà compresa tra 10’ e i 20’ a seconda della temperatura esterna e del tipo di allenamento da effettuare e si potranno inserire esercizi di stretching dinamico con oscillazioni controllate e progressive, degli arti superiori, inferiori e del busto, rispettando la propria capacità di escursione articolare. Curare la fase di defaticamento è tra le migliori strategie per ottimizzare i tempi di recupero post allenamento. La durata sarà compresa tra 5’ e i 10’ a seconda di quanto è stato intenso ed impegnativo l’allenamento. È possibile inserire un’attività aerobica blanda, come la camminata, per facilitare la rimozione dei metaboliti prodotti durante l’esercizio e per favorire la riduzione progressiva della frequenza cardiaca; si potranno inserire esercizi di stretching statico, da 10” a 30” per ciascun esercizio (tratto da American Heart Association, 2014).

Come impostare i propri ritmi di allenamento

Per impostare i propri ritmi di allenamento le runners, allenate, dovrebbero conoscere la propria frequenza cardiaca massima e ricavare la frequenza cardiaca allenante tramite la metodica di Karvonen, oppure tener presente la Frequenza cardiaca per un allenamento lento, medio e veloce misurando la propria capacità aerobica, grazie al Test Conconi*. Infatti, conoscere la propria velocità all’arrivo in soglia anaerobica, permette di ricavare la frequenza cardiaca da seguire senza superarla, quindi senza accumulare in modo significativo acido lattico nel sangue. Enrico Arcelli nel suo libro spiega molto bene che tipo di allenamento fare per la preparazione della mezza maratona e della maratona e come migliorare la propria velocità, che sicuramente è l’obiettivo finale di tutte le “run ladies” (Arcelli E. 2014).

*Il test di Conconi, misura le variazioni di frequenza cardiaca al variare dello sforzo di lavoro, permette di determinare il livello massimo di sollecitazione fisica che l’organismo può sostenere.

Per conoscere con esattezza quali saranno le tabelle di allenamento per preparasi nel modo ottimale alla distanza della mezza maratona e della maratona è necessario conoscere oltre ai parametri fisiologici soggettivi, anche i singoli obiettivi da raggiungere. E’ necessario capire che, anche se non tutti saranno delle campionesse, le corse delle lunghe distanze non si improvvisano, ma richiedono parecchio allenamento che dev’essere prima di tutto graduale e programmato, almeno di 12 settimane. Per raggiungere gli obiettivi identificati, è necessario anche gestire al meglio le strategie di avvicinamento alla competizione.

Inoltre, il lavoro muscolare deve prevedere degli allenamenti di forza in cui saranno inclusi il “plank” per rafforzare il “core”, lo “squat”, i balzelli laterali, gli affondi per rafforzare le gambe e,per aumentare la flessibilità, non possono mancare esercizi frequenti e graduali di stretching.

Se ci riferiamo ad atleti non più giovani Galloway indica un’alternanza di corsa e camminata veloce da inserire prima di sentirsi troppo stanchi, per eliminare l’affaticamento costante ed il rischio di danni alle gambe (Galloway J. 2007).

Infine, mai dimenticare che anche il riposo fa parte dell’allenamento, per questo è consigliabile introdurre una settimana di scarico, ogni 2-3 settimane, in cui si diminuiscono i chilometri del 20-25% (Arcelli E. 2014).

La teoria della supercompensazione

I più esperti sanno tutto su questo argomento, ma forse dovrebbe iniziare a conoscerlo anche chi si allena duramente tutti i giorni con il fai da te, senza una vera guida.

Tutte le attività del nostro corpo tendono all’equilibrio, quindi ad uno stato di omeostasi. Qualsiasi condizione che perturba tale equilibrio viene immediatamente compensata, nel limite del possibile, da una reazione uguale e contraria, tesa a riportare il sistema in equilibrio.

Il corpo si adatta allo stimolo allenante; il processo di affaticamento e deterioramento indotto dall’esercizio fisico, verrà quindi compensato da una serie di reazioni, atte ad incrementare i processi rigenerativi anabolici.

La risposta fisiologica adattativa alla rottura dell’omeostasi da parte dello stimolo allenante viene chiamata supercompensazione e ha lo scopo di migliorare il livello prestativo originale, per non soccombere al ripresentarsi di un carico della medesima intensità, come rappresentato nella prima parte della Figura 2.

Le riserve metaboliche, il metabolismo e le varie strutture anatomiche sollecitate, non tornano quindi allo stato iniziale ma, per breve tempo, lo superano, collocandosi ad un valore leggermente superiore.

 

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Figura 2. Teoria della supercompensazione e relativi adattamenti. Sport training methodology, tratto da Ongaro F, Dispensa CNM.

Solo gli stimoli di volume, intensità e frequenza adeguata alle capacità fisiche del soggetto stimolano la supercompensazione. Il massimo adattamento si ottiene applicando il nuovo stimolo al culmine della fase di supercompensazione (seconda parte della Figura 2).

Tale stimolo va a rinforzare ulteriormente i precedenti effetti della supercompensazione, adattando le capacità dell’organismo all’impegno energetico richiesto. Dopo vari stimoli allenanti il corpo sposta il proprio equilibrio ad un livello prestativo superiore ed interpreta lo stress fisico che aveva precedentemente generato la supercompensazione, come un evento assolutamente normale.

Se l’intensità è troppo alta, i tempi di recupero si dilatano e la fase di supercompensazione quasi non avviene. Se lo stimolo allenante mantiene un’intensità costante nel tempo, il corpo si abitua e non ci saranno gli adattamenti biologici.

Si rendono quindi necessari stimoli allenanti di maggiore intensità, ma non troppo elevati, per perturbare nuovamente l’omeostasi e stimolare una nuova e proficua supercompensazione.

Ognuno ha una possiblità limitata di sconvolgere l’omeostasi interna, potrà quindi adattarsi fino ad un certo livello, quello imposto dalle condizioni genetiche individuali.

Se il carico di allenamento è eccessivo o non viene compensato da un adeguato periodo di recupero, si crea un pericoloso stato di sovrallenamento o “Overreaching” dove l’adattamento è compromesso, si assiste ad un ristagno prestativo, ma non c’è alcuna perdita degli adattamenti precedenti (Xiao W et al., 2012). Questa fase avviene preferenzialmente proprio quando gli atleti sono nella loro forma migliore e la tendenza è quella di continuare ad allenarsi duramente senza un periodo di riposo. Sovraccarichi progressivi e continui, accumulano una quantità di affaticamento che fa precipitare la curva sotto i normali livelli omeostasici. Si comincia così, ogni allenamento con l’organismo già stressato e stanco in partenza, peggiorando una situazione già difficile. Dopo un lungo periodo protratto in queste condizioni, l’organismo risponderà sempre meno agli stimoli, senza più progressi, fino alla temutissima fase “Overtraining” dalla quale è molto difficile uscire (Lehmann MJ et al.,1997), come si può vedere nella terza parte della Figura 2.

Una soluzione a questo rischio è quella di alternare, combinandole insieme, sessioni di allenamento più intense e più leggere. In questo modo la curva della supercompensazione non scende sotto livelli “pericolosi’ e ciò indica che le riserve energetiche vengono recuperate ed il corpo ha tempo e modo di riprendersi dall’affaticamento.

Solo se si seguono le giuste tempistiche si avranno i risultati sperati, chi non dedica il giusto tempo al recupero dello sforzo psico-fisico va incontro a infortuni, peggioramento della performance e disturbi della salute, oltre che ad un calo prestativo.

La dieta per il mare

Cos’è la dieta per il mare? Intendo cosa mettere sotto ai denti durante la vostra giornata sotto il sole. E’ arrivato il momento di utilizzare questa parola con il suo vero significato, purtroppo anche nel vocabolario non si capisce bene, per me rimane reale il significato dato nell’antica Grecia, dieta non vuol dire restrizione delle calorie, oppure mangiare in un modo che non ci piace, ma semplicemente significa mangiare nel modo corretto, la DIETA per il mare,  esiste solo quando fai le cose corrette, altrimenti non esiste. Non so se questa cosa piacerà ai miei colleghi nutrizionisti, ma prima o poi dovremo convincerci che mettersi a dieta non ha significato, che rincorrere una dieta perfetta per un periodo non ci porterà a nulla di buono.

Ricordo che da ragazza durante le giornate afose non riuscivo a mangiare molto, la mia dieta per il mare era molto limitata. La pasta non mi piaceva, la carne la trovavo troppo pesante, la colazione non la facevo proprio così risparmiavo calorie, diciamo che non ero proprio un bell’esempio. La conseguenza di questo era che mi ritrovavo sempre stanca e non avevo voglia di intervenire nelle discussioni, a volte rimanevo passiva. Il brutto è che non me ne rendevo conto, ho iniziato a capirlo solo dopo alcuni cambiamenti e ne era passato di tempo.

Qual è il cibo per una giornata al mare

I pasti devono presentarsi: GUSTOSI-SAZIANTI-LEGGERI-RAPIDI DA ESEGUIRE-FACILI DA MANGIARE

Primo consiglio:  Arrivare in spiaggia leggeri, ma già belli carichi di nutrienti.

Essenziale risulta l’organizzazione, se arriverete impreparati penserete subito al panino del chioschetto e al gelato, il che vi porterà inesorabilmente a squagliarvi sul lettino.

Ecco che ci viene d’aiuto la colazione, io preferisco sempre un frullato proteico con aggiunta di frutta ed un thè verde o un infuso energetico. In alternativa preparatevi un porridge con avena e frutta oppure dei pancakes proteici con la frutta.

Secondo consiglio: Organizzatevi per avere degli spuntini per la metà mattina e per il metà pomeriggio.

Frutta tagliata a pezzi, per non farvi mancare i sali minerali, preparata in un contenitore ermetico: melone, pesca, albicocca, ananas, kiwi, mirtilli se volete potete aggiungerci della frutta secca, come mandorle, anacardi e pistacchi in granella. Attenzione a non esagerare, mangiatela come spuntino e non durante tutto il giorno. Sconsiglio di preparare un centrifugato di frutta a casa per poi berlo durante la giornata in spiaggia, perchè inizierebbe il processo di fermentazione e potrebbe dare fastidio al vostro intestino se non siete abituati.

Per ripristinare i sali minerali persi, specialmente quando fa molto caldo, a metà pomeriggio, io integro con dei sali minerali in busta, da sciogliere in mezxzo litro di acqua fresca, di quelli senza aggiunta di zuccheri (senza coloranti nè conservanti), molto meglio di un ghiacciolo.

Un gelato alla frutta se viene l’improvvisa voglia non si vieta a nessuno, ma vedrete che se seguite i miei consigli ne avrete voglia solo perchè non saprete che fare, quindi risolverete la situazione con un tuffo in acqua!

Ricordatevi che anche i finocchi tagliati a mezze lune rinfrescano.

Preparatevi delle barrette, nel link troverete le mie con frutta secca e semi oleosi. non sono nemmeno tanto caloriche, sono buone e soprattutto saziano.

Terzo consiglio: Bere 2 litri di acqua

Potete preparare in anticipo una bevanda rinfrescante da bere al posto dell’acqua senza incorrere in bevande gassate e troppo zuccherine. Chi ha l’estrattotre è facilitato nella preparazione e può sbizzarrirsi di più, chi non ce l’ha, come la sottoscritta, può

mettere a bollire 750 ml di acqua poi versarlo in una brocca dove aggiungerà 1 limone e circa 6 cm di zenzero a rondelle da lasciare in infusione per almeno 30 minuti. Filtrare e inserire nelle bottigliette da mezzo litro. Anche la menta ci sta bene se vi piace.

Quarto consiglio: Evitate i fritti, gli insaccati, le bevande gassate, i dolci e l’alcool

Sempre più spesso sento ragazze molto attente alla loro forma fisica che saltano il pranzo così si sentono libere di bere l’aperitivo, mi dispiace, ma non funziona così, rischiate di peggiorare la situazione! Seguite i suggerimenti e bevetevi l’aperitivo senza sensi di colpa; questo sarà anche un modo per non esagerare.

Quinto consiglio: Non saltare i pasti, esempi di dieta per il mare

Portatevi un lunch box, ecco alcuni esempi di cosa preparare:

Un mix di cereali come farro e orzo con ceci e lenticchie insieme a spinacino, peperoni, pomodorini e tonno; pur essendo molto buona, non è la mia preferita in spiaggia

Un mix di quinoa e grano saraceno, con le verdure, questo è molto più leggero per me.

Un tortino di miglio e verdure da accompagnare con una fetta di pane ai cereali. Una trentina di minuti ed è pronto.

Un panino integrale goloso al punto giusto con un burger di melanzane e yogurt greco.

Un panino integrale con del salmone affumicato o fresco, insieme a yogurt greco e verdure.

Una porzione di insalata di mare ed una fetta di pane.

Un’ insalatona con sgombro, ceci e lenticchie.

Due uova in camicia con almeno due tipi di verdure ed una fetta di pane ai cereali.

Quinoa, pomodorini, verdure saltate in padella, rucola fresca e aggiunta di feta o tofu, la mia preferita dieta per il mare.

Un polpettone di verdure con  la bresaola.

E per la sera?

Riso venere con gli scampi, zucchine e pomodorini accompagnato da un’insalata mista.

Gli spaghetti con le vongole o allo scoglio, se proprio non potete rinunciare alla pasta.

Una zuppa di fagioli.

Un brazino al cartoccio.

Un mix di fagiolini e patate.

Sesto consiglio: Non guardate il cibo come ad un nemico

State rilassati e pensate che il cibo è un vostro alleato che vi permetterà di stare in forma, tonici senza fame e con un sacco di energia, quando consapevoli delle vostre scelte.

 

 

 

 

 

 

Burger vegetali lenticchie quinoa tofu

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I Burger vegetali sono ormai diventati per me un ottimo salva pranzo o cena, sono quelli dell’ultimo minuto. E’ da qualche tempo che sperimento diversi tipi di burger, come ad esempio i buonissimi Burger di Edadame con fagioli di soia (con tre varianti), oppure le polpettine di ceci e rape rosse (con due varianti).

Spesso utilizzo la quinoa unita alle verdure tipo radicchio o peperoni, questa volta invece ho mescolato la quinoa con le lenticchie ed il tofu, così ho ottenuto una prodotto più proteico e più ricco.

Nella seconda variante ho fatto un mix aggiungendo anche un peperone rosso. Personalmente preferisco il secondo tipo, nel primo mancava un pizzico di acidità. Avevo provato ad inserire anche il gomasio con le erbe, ma questo tentativo è miseramente fallito.

Sono talmente comodi questi burger vegetali, che parecchi marchi commerciali li stanno proponendo già preparati, li potete trovare sia surgelati che nel banco frigo, ci sono perfino liofilizzati biologici. A volte li uso anch’io, non lo nego, è come il discorso delle barrette energetiche, ho le mie marche preferite. Attenzione comunque, scegliete quelli senza conservanti e senza molte aggiunte superflue; alcuni aggiungono pure lo zucchero, ecco quelli evitali, quindi dovrete per forza leggere le etichette! Quando ho voglia di ritagliarmi del tempo per la cucina, preparo una quantità elevata di tutto un pò, quindi congelo per le emergenze. Se proprio non ce la faccio,  passo al negozio! E’ valido anche il contrario.

Se li volete più pastosi aggiungeteci una patata, ma a mio avviso cambia il gusto e li rende troppo leganti. Quelli nella prima foto hanno anche il sesamo al loro interno, una variante da provare.

mix degli ingredienti

Ingredienti per i burger vegetali: quinoa, lenticchie, tofu e peperoni

  • 250 g di lenticchie (ho utilizzato quelle già pronte)
  • 100 g di quinoa mix bianca e rossa
  • mezzo panetto di tofu
  • 1 peperone cornetto rosso
  • sale
  • olio extravergine d’oliva

Procedimento

  1. Prepara la quinoa, quindi risciacqua molto bene, pesa e metti in acqua con il doppio del suo volume. Cuoci 15 minuti, aggiungi il sale alla fine della cottura, poi spegni il fuoco e copri con un coperchio per altri 10-15 minuti aspettando che si rigonfi.
  2. Nel frattempo, scola bene le lenticchie e risciacquale molto bene sotto l’acqua corrente
  3. cuoci per 5 minuti il peperone tagliato a julienne, con un goccio d’olio nella padella
  4. Poi, metti nel mixer la quinoa bella gonfia, le lenticchie, il tofu ed il peperone e fai andare finchè si crea una pasta
  5. prepara la leccarda del forno con un foglio di carta oleata sopra
  6. prendi un cucchiaio di pasta ed inizia a formare i tuoi burger vegetali con le mani
  7. metti sulla carta forno, spruzza un pò di olio sopra ad ognuno e inforna a 180 gradi statico, per 15 minuti.

 

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Differenti tipi di zucchero

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Molte persone hanno capito che lo zucchero è un nemico da combattere. E’ la causa principale dell’innalzamento della glicemia nel sangue che porta all’instaurarsi di una serie di meccanismi metabolici, oltre alla dipendenza vera e propria, che finiscono con l’accumulo indesiderato delle riserve di grasso.

Questo è vero, ma come vedremo nel prossimo articolo, gli zuccheri svolgono anche fondamentali funzioni nel nostro corpo, quindi è sempre l’equilibrio che vince ed il tipo di zucchero.

Spesso sento parlare dello zucchero bianco come il nemico da cui fuggire per poi ritrovarmi le stesse persone a preferire uno zucchero di canna grezzo. Siete proprio sicuri? Sapete quali sono i differenti tipi di zucchero?

Che differenze ci sono tra zucchero semolato bianco e zucchero di canna grezzo

Entrambi sono costituiti dalla stessa molecola chimica: il saccarosio composto da una molecola di glucosio ed una di fruttosio.

Lo zucchero bianco deriva sia dalla barbabietola da zucchero che dalla canna da zucchero, mentre ovviamente lo zucchero di canna grezzo solo dalla canna da zucchero.

L’ Italia  è un grosso produttore di  zucchero semolato bianco, mentre lo zucchero di canna viene prodotto in altri paesi come ad esempio l’Equador o  le Filippine

Il procedimento per la produzione di zucchero semolato a partire dalla barbabietola è molto lungo, ma ve lo schematizzo in breve, perchè a volte si hanno delle idee un pò strampalate su questo argomento!

zucchero quale scegliere

La differenza tra i due è che nello zucchero di canna grezzo si trova una percentuale variabile da 1% al 5% di melassa che invece non è presente nello zucchero semolato bianco. In commercio si trovano addirittura degli zuccheri di canna mascherati, che sono in realtà zucchero bianco colorato con caramello! Fate attenzione.

Tra questi due quindi NON esistono differenze sostanziali!

Tra i  differenti tipi di zucchero allora è preferibile lo zucchero di canna integrale allo zucchero di canna grezzo?

La differenza tra lo zucchero di canna grezzo e lo zucchero di canna integrale sta proprio nella mancanza dei processi di raffinazione di quest’ultimo.

Lo zucchero integrale di canna

Anche lo zucchero di canna subisce diverse fasi di processamento: dall’estrazione, alla filtrazione, alla bollitura, all’essicatura, alla separazione per diventare una polvere più o meno scura a seconda della provenienza della canna da zucchero.

La fase di  essicatura  può essere fatta in due modalità con esito differente: se il composto viene continuamente rimescolato creando un MASCAVO, lo zucchero manterrà dei granuli più o meno grandi di melassa è il tipico zucchero MUSCOVADO se invece non verrà mosso, si creerà una PANELA è il caso del tipico dello zucchero DULCITA. Il primo ha un sapore che tende alla liquirizia ed è molto granuloso, mentre il secondo tende al caramello ed ha un’aspetto più polveroso.

Lo zucchero di canna grezz0

Ulteriori processi di centrifugazione ed evaporazione (cristallizzazione), quindi di raffinazione, portano lo zucchero integrale di canna a diventare zucchero di canna grezzo.

In questi zuccheri  di canna integrali vengono mantenuti alcuni minerali, anche se non in alte concentrazioni e hanno circa 40 Kcal in meno, ma comunque sempre elevate concentrazioni di saccarosio troviamo al loro interno.

E lo zucchero di cocco?

Questo zucchero ormai si trova facilmente in commercio nei negozi biologici.

Si ricava dalla palma da cocco, precisamente dal nettare dei fiori della palma da cocco, il liquido zuccherino ricavato verrà successivamente cotto e concentrato. Anche in questo caso pochi passaggi per avere lo zucchero finale.
Come negli zuccheri precedenti è composto principalmente da saccarosio, anche se lo troviamo in minor quantità. Si distingue dallo zucchero integrale di canna principalmente per la presenza di polisaccaridi (inulina) e di fruttosio e per l’indice glicemico più basso.

Le mie Conclusioni sui tipi di zucchero

Avete notato quante differenti tipi di zucchero ci sono? Tirando le conclusioni, io preferisco alternare lo zucchero di canna integrale tipo Dulcita o Muscovado e lo zucchero di cocco perché donano, soprattutto nella pastafrolla, un gusto ed un colore unico, sono meno raffinati e personalmente li preferisco.

Si tratta sempre di zucchero, la cui quantità dev’essere limitata durante la giornata; anche se i miei biscottini sono fatti con zucchero di canna  integrale o di cocco non vuol dire che non lo contengano!

Oltre a questi differenti tipi di zucchero, esistono altri dolcificanti naturali che tratterò nel prossimo captolo! :))

 

 

 

 

 

I carboidrati sono tutti uguali?

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 E’ vero che i carboidrati sono tutti uguali?

I carboidrati sono tutti uguali? Rispondo subito dicendo di no, è vero che chimicamente hanno una molecola simile e che esistono, sempre chimicamente, solo pochi tipi di molecole di zucchero,  ma a seconda di come si legano e di come si costruiscono le molecole più grandi troviamo carboidrati molto diversi tra loro.

I carboidrati, detti anche glucidi (dal greco “glucos” = dolce) sono sostanze formate da carbonio e acqua. I glucidi semplici, vengono comunemente chiamati zuccheri. Non pensiamo ai carboidrati solo come agli zuccheri semplici, di questi ve ne ho già parlato qui.

Andiamo a vedere perché non è vero che i carboidrati sono tutti uguali, partiamo dall’inizio.

Carboidrati semplici e carboidrati complessi

Gli zuccheri semplici subito assorbiti dalle cellule epiteliali che rivestono i villi intestinali, apportano 4Kcal x g e sono:

  • Monosaccaridi
  • Disaccaridi
  • Oligosaccaridi
  • Polisaccaridi

Monosaccaridi

I Monosaccaridi, sono gli unici in singola molecola: glucosio (o destrosio) fruttosio, galattosio, ribosio,

Il fruttosio passa dal lume intestinale alla cellula intestinale per un processo di diffusione facilitata, tramite il trasportatore GLUT5.

Mentre il glucosio necessita di un meccanismo detto di trasporto attivo che consuma energia. Inoltre, il fruttosio dall’enterocita passa alla vena porta che lo porta al fegato, qui viene metabolizzato in glucosio e poi in glicogeno.
Se le scorte di glicogeno sono piene viene smontato ed utilizzato per formare trigliceridi con conseguente innalzamento dei lipidi nel sangue o direttamente nel fegato; l’eccesso di trigliceridi viene captato dalle cellule che provvedono a depositare gli acidi grassi sotto forma di cuscinetti adiposi.

Se in eccesso crea anche resistenza insulinica, l’incapacità di abbassare la glicemia. Inoltre, se presente in eccesso, il fruttosio viene convertito in acido lattico o in altri metaboliti intermedi, si presenta anche accumulo di ADP e AMP che catabolizzati formano Acido urico.
Quindi utilizzare solo fruttosio non è proprio una buona abitudine.

Il glucosio è indispensabile per il mantenimento dell’integrità del tessuto nervoso (alcune zone del sistema nervoso centrale possono utilizzare solo glucosio per produrre energia). Indispensabile per normale metabolismo lipidico, senza il glucosio non si innesca il metabolismo dei grassi.

Il Ribosio, fa parte della struttura portante dell’RNA e dell’ATP. Dal ribosio deriva il deossiribosio il componente dei nucleotidi che formano il DNA.

Ci sono poi gli zuccheri semplici, che apportano circa metà calorie dei precedenti e  che non possono essere  assorbiti e saranno fermentati dalla flora batterica intestinale con liberazione di acidi grassi a catena corta, fornendo così un po’ di energia; non possono essere assunti in grande quantità perché fermentano nell’intestino e possono causare un effetto lassativo. Tipo: mannosio, lattulosio, xilosio. Esistono anche i cosidetti polialcoli, derivati da alcuni zuccheri semplici per azione di alcuni enzimi:  xilitolo, mannitolo sorbitolo.

Disaccaridi

I Disaccaridi, sono l’accoppiamento di due molecole come il saccarosio (lo troviamo nello zucchero da cucina), il maltosio (lo troviamo nel malto), il lattosio (lo troviamo nel latte). Questi devono essere prima idrolizzati e poi assorbiti, ma il loro assorbimento è comunque abbastanza rapido. Infatti possono considerarsi degli zuccheri semplici

Poi ci sono gli zuccheri complessi, la base di partenza sono gli stessi monosaccaridi che però si combinano a formare catene più o meno lunghe e ramificate.

Oligosaccaridi

Parliamo di Oligosaccaridi se le catene comprendono da  3 a 10 delle molecole precedenti.

Una nota importante sui piccoli oligosaccaridi, molto spesso dimenticata è che si ritrovano come molecole legate a lipidi o proteine, così da formare i cosiddetti glicoconiugati, che sono fondamentali per la loro funzione segnale e non solo, infatti spesso si trovano legati sulla superficie delle membrane cellulari; nei globuli rossi fanno la differenza tra i diversi gruppi sanguigni per esempio. Si ritrovano nella superficie della cellula uovo e queste catene zuccherine rendono possibile l’ancoraggio degli spermatozoi. Sono fondamentali nell’adesione dei leucociti ai margini della lesione di un vaso sanguigno. A livello epatico ad es. l’acido glucuronico, prodotto a partire dal glucosio, si combina con sostanze endogene ed esogene, come tossine chimiche e batteriche, rendendole atossiche, permettendone l’eliminazione.

Anche le MALTODESTRINE sono oligosaccaridi provenienti dalla digestione dell’amido.

Polisaccaridi

Parliamo di Polisaccaridi se le catene comprendono da 20 a 10 milioni di unità monosaccaridiche, che possono ritrovarsi anche ramificate.

Omopolisaccaridi che contengono ripetute unità di glucosio, come il glicogeno nell’uomo (amidi  e cellulosa nelle piante).

Eteropolisaccaridi fanno da supporto extracellulare qui troviamo i cosiddetti GAG: glicosaminoglicani ripetizioni lineari di disaccaridi con modificazione dei gruppi amminici, uniti a formare lunghe catene polisaccaridiche, come l’acido ialuronico e  la matrice cellulare quella che si trova nella cartilagine per esempio.

Il liquido sinoviale delle articolazioni contiene elevate quantità di acido ialuronico e perciò risulta essere viscoso e avente proprietà lubrificante.

Questo perché vorrei porre l’attenzione a chi mi dice che i carboidrati sono tutti uguali, in realtà gli zuccheri non hanno solo una funzione energetica, ma molte funzioni  ancor oggi sottovalutate e fondamentali.

Esistono anche dei polisaccaridi non assorbibili come la cosiddetta fibra (formata da cellulosa, emicellulosa, inulina, lignina, pectine ecc.) e un tipo di amido, detto amido resistente.

Certo frutta e verdura sono costituiti principalmente da zuccheri complessi.

Le conclusioni sui carboidrati semplici e complessi

Spero di aver risposto alla domanda iniziale i carboidrati sono tutti uguali?  Questa vecchia suddivisione di zuccheri semplici e complessi è per introdurre un discorso più pratico che riguarda il cosiddetto Indice Glicemico, perché questo può risultare utile parlando di dieta. Nel prossimo articolo cercherò di approfondire questo argomento.

Insalate stravaganti e sfiziose: primo capitolo

Sono tante le insalate stravaganti e sfiziose

Vi lascio un paio di ricette di insalate stravaganti e sfiziose, provengono proprio dai miei piatti e visto che queste le consumo spesso durante la stagione invernale avrete già visto le foto nella mia pagina facebook. Avevo già scritto una ricetta con un accostamento alquanto bizzarro: la barbabietola ed il kiwi, che adoro, dovete assolutamente provarla.

Per l’accostamento dei vari ingredienti ho preso spunto da un libro che parla della dieta alcalina, anche se non seguo questa tipologia di dieta ho scoperto che iniziare il pasto con delle ricche insalate aiuta moltissimo sia per quanto riguarda il senso di sazietà sia per prepararti alla portata successiva che per quanto mi riguarda deve contenere una fonte proteica.

Ricette particolari

Il principio fondamentale in queste insalate sta nel combinare  tra loro diversi tipi di verdure e frutta, così da appropriarsi di più vitamine, minerali, antiossidanti possibili, oltre alle fibre. Sono da preferire le verdure crude perché così mantengono intatto tutto il loro contenuto nutritivo.

Mettono allegria e ho scoperto che avere nel piatto i colori predispone meglio anche il mio palato! Ci vorrebbero degli studi per capire se noi siamo maggiormente attratti dagli ingredienti salutari. Sembra banale, ma quando ti abitui a queste insalate, mentre le stai preparando ti pregusti già il momento che le mangerai, come una torta al cioccolato insomma, da non crederci, soprattutto per una golosa come me, ma capita proprio così!

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Insalate stravaganti e sfiziose:
Cavolfiore rosa, avocado, topinambur

Ingredienti per una porzione

  • un paio di cime di cavolfiore rosa
  • 1/4 d1 avocado
  • un paio di pezzi di radice di topinambur
  • due noci
  • succo di limone
  • olio extravergine di oliva
  • sale rosa

NB: dipende molto dalla grandezza degli ingredienti, quindi fate predominare l’ingrediente che amate di più.

Procedimento Insalata al Cavolfiore Rosa, Avocado, Topinambur

La preparazione è molto semplice; lava la verdura e tagliala a pezzi come preferisci, poi puoi creare il tuo condimento a parte e versare il tutto sopra il tuo mix.

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Insalate stravaganti e sfiziose:
Cavolfiore rosa, finocchio, olive nere

Ingredienti per una porzione

  • un paio di cime di cavolfiore rosa
  • mezzo finocchio tagliato in verticale molto finemente
  • una manciata di olive nere tagliate per metà
  • due noci
  • succo di limone
  • olio extravergine di oliva
  • sale rosa

NB: anche in questo caso dipende molto dalla grandezza degli ingredienti, quindi fate predominare l’ingrediente che amate di più.

Procedimento Insalata Cavolfiore rosa, Finocchio, Olive nere

Anche qui il procedimento è veloce e semplice; lava la verdura (cavolfiore rosa, finocchio) e tagliala a pezzi come preferisci, poi puoi creare il tuo condimento a parte e versare il tutto sopra il tuo mix.

In alternativa puoi condire le insalate con il gomasio, un mix di semi di sesamo, che rende la tua insalata davvero sfiziosa.

Nel prossimo articolo vi farò conoscere altre super insalate sfiziose!

Runner pensi ad una carenza di ferro?

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Vi sentite più stanchi del solito?

Per prima cosa pensate che dovete concedervi semplicemente un periodo di riposo!
Vi sentite con le gambe molli, avete il fiato più corto del solito, ricorrenti mal di testa, le gengive che sanguinano di più, oppure siete più irritabili, pallidi con le unghie delle dita a forma di cucchiaio ed il letto ungueale pallido? Questi sono tutti sintomi riconducibili a carenza di Ferro. Nell’ambiente sportivo, spesso sento parlare di problemi di anemia, soprattutto tra le donne.

Emoglobina cos’è

Penso che prima di dare consigli e trucchetti sia necessaria una conoscenza di questa problematica, dovuta alla diminuzione dei livelli standard della proteina EMOGLOBINA, non voglio annoiarvi e cercherò di dare solo le informazioni più utili. Alla fine troverete il link ad un secondo articolo che prometto sarà di sola pratica.

In condizioni normali, secondo Organizzazione Mondiale della Sanità, la concentrazione di Emoglobina nella donna (>15 anni) dovrebbe essere non più bassa di 12g/dl, negli uomini non più bassa di 13 g/dl, nei bambini (5-12 anni) non più bassa di 11,5 g/dl

Se pensate di avere delle problematiche serie rivolgetevi sempre al vostro medico e non dimenticate che ogni tanto è opportuna l’analisi del sangue.

Io ho preso come riferimento l’avvicinarsi della visita medico sportiva, della serie, così non ci penso più! ed è diventata un’abitudine avere le analisi già pronte il giorno della visita. Se fate allenamenti molto intensi, dovrete aumentare il numero delle analisi del sangue durante l’anno.

Anemia e stanchezza

Quali possono essere le cause di anemia:

A) Insufficiente eritropoiesi, c’è un inghippo da qualche parte nel processo di formazione del globulo rosso:

  • dovuta a carenza di Ferro,
  • dovuta a carenza di Vitamina B12,
  • dovuta a carenza di Folati,
  • oppure problematiche al midollo osseo

B) Emorragie:

  • traumi da sforzo
  • sanguinamenti gastrointestinali
  • mestruazioni abbondanti

C) Eccessiva emolisi: i globuli rossi si sfaldano più facilmente prima della fine del loro percorso di vita

L’anemia più frequente nella popolazione generale e anche nello sportivo è l’anemia cosidetta SIDEROPENICA, dovuta alla carenza di Ferro.

In generale tra le cause che  portano uno sportivo ad avere perdita di ferro troviamo piccoli traumi meccanici, come ad esempio, la compressione dei muscoli sui capillari che porta alla rottura dei globuli rossi, i traumi a livello della vescica o del sistema gastrointestinale, le emorragie provocate dall’utilizzo di farmaci antidolorifici, l’alimentazione non sufficiente.

Cosa comporta una carenza di Ferro?

Porta ad una limitata produzione di emoglobina (e mioglobulina) la proteina che lega il Ferro-Eme. Perché è così importante il ferro? All’atomo di Ferro si legherà l’Ossigeno che potrà in questo modo spostarsi dai polmoni al resto dei tessuti.
Quando la quantità di emoglobina è ridotta arriverà poco Ossigeno ai tessuti che non potranno effettuare al meglio le loro funzioni metaboliche. Anche il muscolo quindi avrà meno Ossigeno a disposizione con una conseguente diminuzione della produzione di ATP per il metabolismo energetico di tipo aerobico.

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Parametri da valutare nell’analisi dell’ematocrito

Il Ferro lo troviamo per il 65% legato al gruppo Eme nell’Emoglobina per il 10% legato alla Mioglobina nel muscoli, il resto è contenuto nei depositi: ferritina ed emosiderina,  oppure legato alla tranferrina che lo trasporta dall’intestino, dove viene assorbito, al midollo, dove vengono prodotti i globuli rossi, o agli organi di deposito (il fegato), oppure in piccolissima parte lo troviamo come cofattore di alcuni enzimi.

Questi parametri non sono di semplice interpretazione, vanno sempre fatti leggere al proprio medico, ma cerchiamo di fare chiarezza così potremo interagire meglio anche con lui.

Definizione dei parametri dell’ematocrito

  1. Sideremia: concentrazione di ferro in circolo
  2. Ferritinemia: livelli di ferro nei depositi
  3. Tranferrinemia: livelli di ferro legato alla tranferrina

Questi parametri che coinvolgono il ferro, vanno considerati insieme agli altri parametri che valutano i globuli rossi

  • Ematocrito (HCT): percentuale della parte corpuscolata del sangue (globuli rossi, piastrine e globuli bianchi) rispetto alla parte liquida. Dal momento che la parte corpuscolata è costituita in massima parte dagli eritrociti, l’ematocrito può essere definito anche come il rapporto percentuale tra i globuli rossi e la parte liquida del sangue.
  • Numero di globuli rossi (RBC): (pochi: microcitemico, troppi: macrocitemico, normali: normocitemico)
  • Grandezza dei globuli rossi (MCV): se basso molte sono le cause tra cui carenza di ferro e vitamina B6, se alto molte sono le cause tra cui carenza di Vitamina B12 e folati; molti atleti di resistenza hanno un volume molto elevato dei propri globuli rossi e per loro è una condizione favorevole perché possono trasportare una maggiore quantità di ossigeno
  • Percentuale di reticolociti circolanti nel sangue: i reticolociti sono i precursori degli eritrociti maturi.
  • Emoglobina (Hb): la quantità in grammi di Hb presente in un L o in un dL di sangue.
  • Quantità media di emoglobina per ogni globulo rosso (MCH):  Hb/ RBC , è legata alle dimensioni del globulo rosso, se basso significa che i propri globuli rossi sono piccoli e contengono poca emoglobina, dovuto a molte cause tra cui la carenza di Ferro, se alto molte sono le cause tra cui una carenza di vitamina B12 o di acido folico.
  • Concentrazione media dell’emoglobina dei globuli rossi  (MCHC): Hb/ HCT fa capire chiaramente, qualsiasi sia la dimensione del globulo rosso, se questi sono ricchi o poveri di emoglobina;
  • se basso in generale può indicare carenza di ferro, ulcere, emoraggie
  • se alto  in generale può indicare diverse patologie, ma anche carenze di Vitamina B12 e folati

Ematocrito basso cause

Quando l’ematocrito è basso possiamo trovare di frequente alcune situazioni riguardanti le analisi del ferro:

  • Sideremia bassa, ferritina bassa, tranferrina normale o elevata: siamo di fronte ad una Carenza di ferro, in questo caso probabile che il medico consigli l’integrazione.
  • Quando ci troviamo i valori della tranferrina elevati anche se gli altri parametri risultano normali,  vuol dire che questa proteina non lega il ferro, probabilmente perchè c’e’ poco ferro.
  • Sideremia bassa, ferritina normale, tranferrina normale: negli atleti che hanno un allenamento aerobico prolungato si ritrova di frequente, infatti si assiste ad un aumento del volume totale di sangue presente nell’organismo. In questo caso, anche se l’ematocrito è più basso del normale, il sangue contiene una quantità adeguata di globuli rossi e di emoglobina, ma è sensibilmente accresciuto il volume della parte liquida. Da notare che una riduzione dei valori di ematocrito, negli atleti, per aumento della parte liquida del sangue, migliora la prestazione. Infatti, a parità di globuli rossi circolanti, un sangue più fluido incontrerà meno resistenze lungo il suo percorso, con conseguente aumento del flusso ematico dal cuore verso i tessuti

Quando andate a fare le analisi oltre all’ematocrito di base, fatevi prescrivere tutti e tre i parametri che coinvolgono il ferro, così avrete tutta la situazione sotto controllo. In un atleta anemico, comunque, é bene indagare per escludere che esistano altre patologie.

Purtroppo chi in passato ha sofferto di anemia sideropenica, tende a ritornare anemico.

Segnati i dati dei principali esami del sangue degli ultimi anni (numero dei globuli rossi, concentrazione dell’emoglobina, ematocrito, ferritina, transferrina, MCV, MCH), così potrai confrontarli nel tempo e regolarti di conseguenza.

Dopo tutte queste nozioni teoriche necessarie per capire meglio, c’è bisogno di andare sul pratico, e allora che facciamo? In quest’altro articolo vi mostro gli alimenti che contengono più ferro, vi lascio dei consigli per migliorarne l’assorbimento e vi presento delle giornate tipo rivolte a chi vuole mantenere le giuste le quantità di ferro tramite l’alimentazione, evitando così le carenze!

 

 

 

 

 

 

RAGGIUNGI IL TUO LEVEL 10!

Un’attività fisica condotta con moderazione, ma anche con regolarità, fin dall’età dello sviluppo, permette all’organismo di mantenersi sano ed efficiente più a lungo, ritardando la degenerazione dei muscoli, delle articolazioni e delle strutture organiche. Quindi incoraggiare i vostri figli ad appassionarsi ad uno sport è un ottimo consiglio.

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